COMMENTO AL PARERE n. 2995/2004

DEL CONSIGLIO DI STATO del 5 maggio 2004 circa l’ANNOTAZIONE



Il tema: Risposta a quesiti Ordinistci, tramite Ministero Sanità, in merito all’abrogato istituto dell’ “annotazione” per continuare l’esercizio della professione odontoiatrica, da parte dei medici specialisti stomatologi.

Trattasi di una analisi autorevole, importante, condizionante, ma subdolamente esuberante, perché si presta a frettolose conclusioni circa l’esercizio della “stomatologia medica”, che ne esce certamente repressa, ma non soppressa.

E’ la risposta Amministrativa ad una richiesta specifica (un po’imprecisa e/o faziosa?) dell’Ordine professionale/FNOMCeO/Ministero, che non ha mai voluto/potuto autonomamente esprimere, vista la convivenza di due componenti professionali nello stesso settore: odontoiatri e stomatologi. Un parere che ora il legislatore non può disattendere, viste le pressioni del mondo odontoiatrico per una nuova 409 (separazione degli ordini); diventa quindi fondamentale la voce di quella parte della categoria medica, che sino ad ora, vuoi per quieto vivere, vuoi per sottovalutazione, vuoi per l’assurdità del tema, non è mai intervenuta in merito. Si aprono quindi le porte per una nuova “409” che definisca mansionari medici e dentistici.

Tutto è riconducibile alla “malnata” L. 409/’85, che in seguito a cure e operazioni riparatrici (Sentenze nostrane ed europee, atti legislativi di recepimento) è ora convalescente, ma vitale, corretta finalmente nel “peccato originale” consistito nel mescolamento di Medici con Dentisti.

Quest’atto amministrativo apporta chiarezza, laddove, ineccepibilmente, - distinguendo le qualifiche/status giuridico di Medico e di Dentista - , conclude per l’iscrizione all’Albo Odontoiatri al fine dell’esercizio della professione di Dentista. E’ ribadito infatti che un contingente di Medici italiani, specialisti o non specialisti che siano, può essere anche Dentista, in regime derogatorio (sanatoria) di cui all’art 19 della Direttiva Dentisti 78/686/CEE. Pure confermato il principio di mantenimento dei diritti acquisiti: quindi il Medico che pur facendo il Dentista, vuole mantenere il suo stato giuridico, indipendentemente dall’effettivo esercizio della medicina, può avere, derogatoriamente alla norma, iscrizioni in albi professionali diversi.

In estrema sintesi:

- il Medico ha lo status di Dentista con l’iscrizione all’Albo Odontoiatri.

- lo status di Dentista consiste nel possesso del TITOLO/QUALIFICA, spendibile e pubblicizzabile, nel RICONOSCIMENTO e LIBERA CIRCOLAZIONE nei Paesi della CE, in tale veste, oltre , ovviamente, nella inequivocabile LEGGITTIMITÀ DI ESERCIZIO DELLE “ATTIVITÀ INERENTI ALLA DIAGNOSI E ALLA TERAPIA E ALLA PRESCRIZIONE E ALLA RIABILITAZIONE DELLA BOCCA- DENTI-TESSUTI ORALI”, (con ciò precisando che TUTTO QUESTO IN TOTO (diagnosi + terapia + applicazione di protesi), costituisce “esercizio dell’odontoiatria”, nulla confutando o apportando all’esercizio della medicna stomatologica che , ab immemorabilis, consiste nell’esercizio non esclusivo, non strutturato o della diagnosi, o della terapia di bocca-denti-tessuti, senza titoli specifici, interdisciplinarmente, similmente ad architetti/ingegneri o ragionieri/commercialisti o psicologi/medici-psichiatri..

 

L’ovvietà supera la normativa. Rimanendo nelle attività sanitarie: nessuno sostiene che la “neo-nata” professione sanitaria di Infermiere, toglie al Medico le competenze infermieristiche, purchè non strutturate e/o istituzionalizzate; il Medico fa il prelievo ematico, l’intramuscolo, appone un catetere uretrale in ospedale o al domicilio, ma non può occupare un ruolo infermieristico aziendale o divenire titolare di un ambulatorio di assistenza infermieristica privata.

Parimenti un Dentista continua a praticare sedute di igiene orale/curettage, pur esistendo la figura professionale autonoma dell’Igienista Dentale laureato; non ha semmai titolo a concorrere per un incarico specifico di Igienista.

Solo interpretazioni capziose possono disattendere il principio olistico della professione medica.

Così è peraltro in tutta Europa e nel Mondo. Non esistono poi leggi che limitano la potestà stomatologia di ogni Medico; poco verosimile una siffatta specifica legge italiana.

Ovvio anche “l’effetto destabilizzante” di una interpretazione alla lettera e/o estensiva; infatti tutti medici che esercitano anche occasionalmente attività stomatologiche dovrebbero doppioiscriversi. Lasciare la “piccola stomatologia” ai Medici, senza iscrizione all’Albo Odontoiatri, è palesemente discriminatorio e anticostituzionale nei confronti dei Medici che esercitano la stomatologia “full-time”, ma che per esercitare la “piccola medicina” devono invece mantenere anche l’iscizione all’Albo Medici oltre che all’Albo Odontoiatri, doppioiscivendosi.

E poi: cosa dovrebbero farebbero i medici che, per questioni anagrafiche, non lo possono iscriversi all’Albo Odontoiatri?

In ultimo va comunque ricordato che siffatto parere del Consiglio di Stato non ha valenza di legge, e nemmeno valenza giuridica, non scaturendo da ricorso a TAR.

E’ scontata però l’appicabilità dell’indirizzo per l’amministrazione ordinistica, limitatamente all’ applicazione dell’abrogazione dell’annotazione, per il futuro.

Vanno evitate inopportune, e pericolose, “crociate ordinistiche” tendenti a istituzionalizzare comportamenti omologati; difformità tra i vari Ordini, ricorsi nelle varie sedi giurisdizionali, interventi normativi ecc. potrebbero complicare il già caotico italico panorama nel settore.

Il Medico specialista in una discplina stomatologico-maxillofacciale, che non intende fruire della qualifica doppia e nemmeno del riconoscimento europeo, oppure che non rientra in regimi derogatori di sanatorie, prosegue legittimamente ad esercitare la specialità medica come previsto dalle direttive europee per medici.

Il Medico sceglie, autonomamente e volontariamente. Può optare per il solo albo odontoiatri, senza oneri aggiuntivi, se condivide il principio di separazione ed esclusività della professione dentistica; può iscriversi ad esso mantenendo l’iscrizione all’Albo Medici, senza mutilare i diritti acquisiti, sottoponendosi anche e volontariamente ad un doppio controllo deontologico; ma può anche continuare ad esercitare la sua specialità medica, senza “annotazioni”.

Così, d’alto canto, accade in tutti i Paesi membri dell CE; infatti poichè esiste ed è riconosciuta la specialità medica in stomatologia (Spagna, Francia, Portogallo, Lussemburgo), corre l’obbligo di riconoscimento e libera circolazione negli stati membri.

Segue il testo del parere.

 

 

 

 

CONSIGLIO DI STATO

Adunanza della Sezione Prima 5 maggio 2004

Parere n. 2995/2004

 

OGGETTO: Richiesta di parere. Esercizio della professione odontoiatrica.

 

VISTA la relazione n. DGRUPS/1523-P del 27 gennaio 2004, trasmessa con nota n. DGRUPS/7611-P del giorno 1l marzo 2004, con cui il Ministero della Salute - Dipartimento della Qualità - Direzione Generale Risorse Umane e delle Professioni sanitarie - Ufficio VII - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato in ordine al quesito indicato in oggetto;

ESAMINATI gli atti e udito il relatore-estensore Consigliere Alessandro Pajno;

PREMESSO:

Il Ministero della Salute riferisce di essere stato più volte sollecitato dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri e da alcuni Ordini provinciali a richiedere il parere del Consiglio di Stato in ordine all'interpretazione dell’art. 13, ultimo comma, della legge 3 febbraio 2003, n. 14. Tale norma ha abrogato l’art. 5 della legge n. 409 del 1985 che ne prevedeva l'istituto dell’ “annotazione” presso l’albo professionale dei medici chirurghi in favore dei laureati in medicina e chirurgia, abilitati all’esercizio professionale ed in possesso di un diploma in campo odontoiatrico, consentiva a questi ultimi, di esercitare l’attività odontoiatrica con la sola iscrizione nell’albo dei medici chirurghi e con, appunto, una annotazione riguardante la specializzazione odontoiatrica.

L’Amministrazione riferente espone che la vicenda prende le mosse dalla emanazione delle direttive comunitarie n. 78/686/CEE del 25 luglio 1978 (reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di dentista e comportanti misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi) e n. 78/687/CEE del medesimo giorno (riguardante il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attività di dentista).

L’art l della direttiva n. 78/687/CEE sul coordinamento prevedeva, infatti, che gli stati membri subordinassero l’accesso alle attività di dentista ed il relativo esercizio al possesso di un diploma certificato od altro titolo previsto dall’art. 3 della direttiva sul coordinamento, e comprovante che l’interessato ha acquisito, nell’intero ciclo di formazione, le conoscenze e l'esperienza richieste dalla direttiva.

Tali direttive venivano recepite nell’ ordinamento italiano con la legge 24 luglio 1985 n. 409. Questa, che all’art. 2 indicava espressamente le attività che costituiscono oggetto della professione di odontoiatra ed all’art. 4 prevedeva l’istituzione, presso gli ordini dei medici chirurghi di un separato albo professionale per l’iscrizione dei soggetti in possesso della laurea in odontoiatria e protesi dentaria e dell’abilitazione all’esercizio professionale conseguita a seguito del superamento di apposito esame di Stato; disponeva, altresì, con l’originaria formulazione dell’art. 1, che l’accesso all’attività odontoiatrica fosse riservato ai soggetti in possesso di uno dei seguenti percorsi di formazione:

- la nuova formazione specifica di dentista, di durata quinquennale, comprovata dal conseguimento del diploma di laurea in odontoiatria e protesi dentaria, seguita dall’abilitazione all’esercizio della professione;

- la formazione di base di medico (della durata di sei anni), comprovata dal diploma di laurea in medicina e chirurgia, seguita dall’abilitazione all'esercizio della professione medica e completata da un diploma di specializzazione in campo odontoiatrico di durata triennale.

L’art 5 della legge n. 409 del 1985 recepiva, altresì, la disciplina transitoria contenuta nell’art. 19 della direttiva sul riconoscimento, e disponeva che, in sede di prima applicazione, i laureati in medicina e chirurgia iscritti al relativo corso di laurea anteriormente al 28 gennaio 1989, abilitati all'esercizio professionale, avessero facoltà di optare per l’iscrizione all’albo degli odontoiatri ai fini dell’esercizio della relativa attività. La norma assegnava, altresì, un termine di cinque anni dalla propria entrata in vigore per l’esercizio di tale facoltà e disponeva che i laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio professionale, che fossero in possesso di un diploma di specializzazione in campo odontoiatrico, potessero essere iscritti all’albo dei medici-chirurghi, “con apposita annotazione riguardante la specifica specializzazione, conservando il diritto all’esercizio della professione professionale di odontoiatra”.

Con sentenza n. 100 del 1989 la Corte Costituzionale dichiarava l’illegittimità costituzionale degli artt. 4, 5 e 20 della legge n. 409 del 1985, nella parte in cui non prevedeva che i soggetti indicati all’art. 20, comma 1 (cioè i laureati in medicina che avevano iniziato la loro formazione universitaria anteriormente al 28 gennaio 1980), una volta ottenuta l'iscrizione all'albo degli odontoiatri, potessero contemporaneamente mantenere l’iscrizione all’albo dei medici chirurghi, così come previsto per i soggetti di cui all’art. 5 (e cioè per i laureati in medicina, in possesso di diploma di specializzazione in odontoiatria, iscritti, con “annotazione” concernente la specializzazione, nell’albo dei medici), e nella parte in cui era previsto che i predetti potessero “optare” per l'iscrizione all’albo degli Odontoiatri, anziché chiedere senza limite tale iscrizione.

Con legge 31 ottobre 1988 n. 471 veniva, peraltro, concessa la facoltà di iscriversi all’albo degli odontoiatri anche ai medici immatricolati nel relativo corso di laurea negli anni accademici dal 1980-81 al 1984-85, purché tale facoltà venisse esercitata entro il 31 dicembre 1991.

In relazione a tale intervento legislativo, con sentenza del 1° giugno 1995 (causa C-40/93) la Corte Europea di Giustizia condannava l’Italia per violazione delle direttive n. 78/686 e 78/687, in quanto, con l’ammettere all’esercizio della professione di dentista soggetti che non disponevano della formazione corrispondente a quella prevista dalle direttive medesime , era stata creata una categoria di dentisti autorizzati a a prestare la propria attività sul territorio nazionale.

Con d.lgs. 13 ottobre 1998 n. 386 veniva., così, abrogata la legge n. 471 del 1988; veniva, peraltro, consentito ai medici immatricolati negli anni dal 1980-81 al 1984-85 di conseguire l’iscrizione all’albo degli odontoiatri, previo superamento di una prova attitudinale teorico-pratica.

Con altra sentenza del 29 novembre 2001 (causa C-202/99) la Corte di Giustizia condannava l’Italia per violazione degli obblighi imposti dalla direttiva n. 78/687, avendo previsto, in aggiunta al corso di formazione specifico in odontoiatria, un secondo sistema di formazione per l’accesso alla professione di dentista, consistente in una formazione di base di medico, completata da una specializzazione in odontoiatria.

A seguito di tale sentenza, la legge 3 febbraio 2003 n. 14 disponeva, all’art. 13, l’abrogazione delle disposizioni di legge concernenti il secondo canale di formazione, ed all’art. 14, l’abrogazione dell’art. 5 della legge n. 1985, (che aveva, appunto, consentito l’esercizio della professione di odontoiatra ai laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio professionale, in possesso di diploma di specializzazione in campo odontoiatrico ed iscritti all'albo dei medici chirurghi con apposita annotazione della specializzazione).

Veniva, peraltro, nelle more emanata la direttiva 2001/19/CE del 14 maggio 2001, che modificava in parte la disciplina transitoria contenuta 19 della direttiva n. 78/686. Tale direttiva è stata recepita in Italia il d.lgs. 8 luglio 2003, n. 277, che ha, tra l’altro, modificato l’art. 20, comma 1, della legge n. 409 del 1985, prevedendo la possibilità dell’iscrizione all’albo degli odontoiatri, anche in deroga alla disciplina di cui all’art. 4, terzo comma:

- dei laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale che abbiano iniziato la loro formazione universitaria in medicina anteriormente al 28 gennaio 1980;

- dei laureati in medicina e chirurgia abilitanti all'esercizio professionale che abbiano iniziato la loro formazione universitaria in medicina dopo il 28 gennaio 1980 ed entro il 31 dicembre 1984, e che abbiano superato la prova attitudinale di cui al decreto legislativo 13 ottobre 1998, n. 386, o siano in possesso dei diplomi di specializzazione indicati nell’art. 19, comma 7.

Tanto premesso, l’Amministrazione riferente osserva che l’abrogazione espressa dall’istituto dell’ “annotazione”, posta in essere con la legge n. 14 del 2003, e la successiva possibilità di iscrizione all’albo degli odontoiatri sembrerebbero implicare, per tutti i soggetti indicati nell’art. 20,comma 1, della legge n. 409 del 1985, l’obbligo di iscriversi al predetto albo, a1 fine di esercitare l’attività di dentista, pur potendo rimanere iscritti nell’albo dei medici chirurghi.

II Ministero della Salute fa, peraltro, presente che sono state avanzate perplessità da parte dei rappresentanti degli ordini professionali in ordine all’obbligo di iscrizione dei soggetti da ultimo indicati nell’albo degli odontoiatri. Tali perplessità riguardano il fatto che i professionisti sopra ricordati (ed in particolare i medici stomatologi, muniti di specializzazione in campo odontoiatrico riconosciuta a livello comunitario con la direttiva 1993/16 CEE) sembrerebbero obbligati ad iscriversi in due albi professionali per conservare, da un lato, lo status di medici, e dall’altro,l’autorizzazione all’esercizio della professione di dentista, nonostante che, in passato, il legislatore nazionale avesse loro riconosciuto il diritto di esercitare la loro attività di medici e di odontoiatri con l’iscrizione in un solo albo professionale (quello dei medici) e malgrado che la Corte di Giustizia non abbia avanzato dubbi circa la possibilità, da parte dei medici indicati nell'art. 19 della direttiva n. 78/686, di continuare a svolgere l'attività odontoiatrica se in possesso del solo diploma certificato o altro titolo di medico.

Alcune sentenze di giudici penali avrebbero peraltro affermato, sia pure con riferimento a fattispecie anteriori alla legge n. 14 del 2003 ed al d.lgs. n. 277 del 2003, che la distinzione e l’autonomia tra le professioni di medico e di odontoiatra non precluderebbero l’interdisciplinarietà e la possibilità per il medico chirurgo di compiere gli atti medici odontostomatologici.

La possibilità, per i sanitari sopra indicati, di continuare ad esercitare l’attività odontoiatrica deriverebbe, ad avviso dei rappresentanti degli ordini professionali, dalla irretroattività dell’ abrogazione disposta dall’ art. 13 della legge n. 14 del 2003, e dall’intangibilità dei diritti quesiti di coloro che, prima dell’entrata in vigore di tale legge, sarebbero stati in possesso dell’annotazione in forza dell’ormai abrogato art. 5 della legge n. 409 del 1985.

Secondo il Ministero riferente, il diritto a continuare ad esercitare l’attività odontoiatrica, deriverebbe, per i soggetti interessati, dall’art. 19 della direttiva 78/686 e dalla prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno.

Il Ministero della Salute chiede, pertanto, di conoscere il parere del Consiglio di Stato in ordine ai seguenti, specifici quesiti.

- se l’introduzione della professione di odontoiatra, rendendo obbligatoria l’iscrizione all’albo degli odontoiatri, abbia fatto venir meno la legittimazione ad esercitare l’odontoiatra per coloro che siano iscritti al solo albo dei medici chirurghi, conseguentemente prevedendo, anche per i medici incaricati dall’art. 19 della direttiva, il requisito della doppia iscrizione, per svolgere le attività di medico odontoiatra;

- se invece i laureati in medicina a chirurgia, regolarmente autorizzati ad esercitare la professione medica, possano continuare ad esercitare le attività inerenti alla prescrizione, alla diagnosi ed alla cura delle malattie dei denti, della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti senza essere iscritti negli albi degli odontoiatri e soltanto sulla base dell’ espressa previsione di cui all’art. 19 della direttiva 78/686/CEE;

- se dopo l'abrogazione dell’art. 5 della legge n. 409 del 1985, i laureati in medicina e chirurgia, in possesso di un diploma di specializzazione in campo odontoiatrico e già iscritti nell’albo dei medici con annotazione ai sensi dell’art. 5 possano continuare ad esercitare la professione di odontoiatra senza essere iscritti anche nell’albo degli odontoiatri.

CONSIDERATO:

1. La Sezione osserva che la materia riguardante la professione sanitaria di odontoiatra ed il relativo esercizio è disciplinata dalla direttiva n. 78/686/CEE 25 luglio 1978, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di dentista e comportanti misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi; dalla direttiva n. 78/687/CEE del 25 luglio 78, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per l’attività di dentista; dalla direttiva 2001/19/CE del 14 maggio 2001 che ha modificato l’art. 19 della direttiva n. 78/686/CEE; dalle disposizioni legislative nazionali che hanno recepito la sopra indicata disciplina comunitaria. Le direttive in questione contengono, infatti, disposizioni rivolte agli Stati membri e non sono, quindi, self executing; le relative norme sono state, infatti, recepite in larga parte con la legge 24 luglio 1985, n. 409, mentre altre disposizioni di rango primario hanno modificato la cennata legge n. 409 del 1985 o per recepire modifiche a loro volta verificatesi nell’ordinamento comunitario (come è avvenuto per il d.lgs. 8 luglio 2003, n. 277, che ha, con l’art, 4, comma 1, lett. d), sostituito l’art. 20, comma l, della legge n. 409 del 1985 allo scopo recepire la modifica dell’art. 19 della direttiva n. 78/686/CEE posta in essere con la direttiva n. 2001/19/CE del 14 maggio 2001) o, per adeguare disciplina nazionale alle sentenze della Corte Europea di Giustizia intervenuta sulla materia (come è avvenuto con la legge 3 febbraio 2003, n. 14, che ha, con l’art. 13 modificato gli artt. l e 4, secondo comma, della legge n. 409 del 1985 e soppresso l'art. 5 della medesima legge, allo scopo di adempiere agli obblighi nascenti dalla sentenza pronunciata dalla Corte di Giustizia il 29 novembre 2001 nella causa C-202/99).

Nell’ambito degli interventi legislativi resi necessari dall’esistenza di pronunce di condanna da parte della Corte Europea di Giustizia va, altresì, ricordato il d.lgs. 13 ottobre 1998, n. 386, che, a seguito della sentenza la Corte di Giustizia del l0 giugno 1995 nella causa C-40/93, ha abrogato la legge 31 ottobre 1998 n. 471 e contemporaneamente introdotto nuova disciplina relativamente alla situazione dei laureati in medicina e chirurgia immatricolati negli anni accademici intercorrenti tra il 1980-81 ed 1984-85, in possesso dell’abilitazione all’esercizio professionale: disposizione questa, poi sostanzialmente superata dall’introduzione di un nuovo paragrafo, (il secondo) dell’art. 19 della direttiva n. 78/686/CEE operato con la già ricordata direttiva 2001/19/CE, e dalla relativa disciplina di recezione (art. 4, d.lgs. 8 luglio 2003, n. 277, di modificazione dell’art. 20, comma 1, legge n. 409 del 1985).

Sulla materia è, altresì, intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale 9 marzo 1989, n. 100, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli al-rt- 4, 5 e 20 della legge 24 luglio 1985, n. 409, nella parte in cui non prevedono che i soggetti indicati nell’art. 20, primo comma, ottenuta l’iscrizione all’albo degli odontoiatri, possano contemporaneamente mantenere l’iscrizione all’albo dei medici chirurghi, così come previsto per i soggetti indicati nell’art. 5, e nella parte in cui prevedano che i medesimi possano optare, nel termine di cinque anni per l’iscrizione all’albo degli odontoiatri, anziché chiedere, senza limite di tempo tale iscrizione.

Nel complesso, la legge 24 luglio 1985, n. 409, quale risulta dopo gli interventi della Corte Costituzionale e dopo le modifiche introdotte con atti di normazione primaria a seguito delle sentenze della Corte Europea di Giustizia e delle modificazioni della stessa normativa comunitaria, contiene adesso tutta la disciplina legislativa statale conforme a quel1a dell’Unione Europea riguardante la professione di odontoiatra ed il relativo esercizio, ivi compresa quella transitoria, volta a recuperare, ai fini dell’esercizio dell’attività di odontoiatra e dell’iscrizione nel relativo albo, alcune categorie specifiche di soggetti (laureati in medicina e chirurgia, abilitati all’esercizio professionale che hanno iniziato la propria formazione universitaria in medicina prima di date appositamente indicate).

E’, pertanto, la cennata legge n. 409 del 1985 ad indicare il vigente regime giuridico riguardante la professione di odontoiatra. Poiché, peraltro, j] testo attuale della legge è il frutto di interventi legislativi succedutisi in tempi diversi, potrebbe, al più, porsi qualche problema di diritto transitorio, legato alla successione delle leggi nel tempo. Un problema del genere sembra, appunto, essere sotteso dai quesiti prospettati dall’amministrazione riferente.

2. Tanto premesso, la Sezione osserva che il vigente regime giuridico della professione sanitaria di odontoiatra, quale risulta dal testo attualmente vigente della legge n. 409 del 1985 appare caratterizzato, per quel che nella presente sede rileva:

- dalla esplicita indicazione dell'oggetto della professione di odontoiatra, identificato nella “attività inerente alla diagnosi ed alla terapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite dei denti, della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti, nonché alla prevenzione ed alla riabilitazione odontoiatriche” (art. 2, comma 1);

- dall'istituzione, presso ciascun ordine dei medici chirurghi, di un separato albo professionale degli odontoiatri (art, 4, comma l);

- dalla riserva dell’iscrizione in tale albo professionale, a “coloro che sono in possesso della laurea in odontoiatria e protesi dentaria e dall' abilitazione all’esercizio professionale conseguita a seguito di superamento di apposito esame di stato” (art. 4, comma l);

- dalla previsione, in via generale, di un regime di incompatibilità tra iscrizione all'albo degli odontoiatri ed iscrizione ad altri albi professionali (ar1. 4, comma 3);

- dalla previsione della possibilità di iscrizione nell'albo professionale degli odontoiatri, anche in deroga all' incompatibilità di cui all’art. 4, terzo comma, della legge, di apposite categorie di medici specificamente individuate (art. 4, secondo comma; art. 20, comma l).

In particolare, i soggetti ai quali è consentita l’iscrizione nell’albo professionale degli odontoiatri, in deroga all’incompatibilità di cui all’art. 4, secondo comma, sono:

- i laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio professionale che hanno iniziato la loro formazione universitaria in medicina anteriormente al 28 gennaio 1980 (art. 20, comma l, lett. a.);

- i laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio professionale che hanno iniziato la loro formazione universitaria in medicina e chirurgia dopo il 28 gennaio 1980 ed entro il 31 dicembre 1984 e che hanno superato la prova attitudinale di cui al d.lgs. 13 ottobre 1998, n. 386, o sono in possesso dei diplomi di specializzazione indicati nell’art. 19, comma 3 (odontoiatria e protesi dentaria, chirurgia odontostomatologica, odontostomatologia, ortognatodonzia): art. 20, comma 1, lett. b.

 

Nel sistema attualmente previsto dalla legge n. 409 del 1985 l’iscrizione all’albo professionale degli odontoiatri è dunque, in via normale, previsto soltanto per i soggetti in possesso del percorso di formazione specifico di dentista, comprovato dalla laurea in odontoiatria e protesi dentaria e dall’abilitazione all’esercizio professionale conseguita a seguito del superamento dell’apposito esame di stato. Ciò, in coerenza con la decisione della Corte di Giustizia del 29 novembre 2000, che ha ritenuto che non corrisponda al contenuto dell’art 1, n. 2, della direttiva sul coordinamento (78/687 CEE), un diploma di base in medicina abbinato ad un altro che attesti una specializzazione in odontoiatria, e cioè il secondo sistema di formazione originariamente previsto dalla legge n. 409/85 (paragrafo 38 della decisione). E’, appunto, per tale ragione che l’art. 13 della legge 3 febbraio 2003 n. 14 ha disposto l’abrogazione della seconda parte dell’art. l della legge n. 409 del 1985, che consentiva l’esercizio della professione di odontoiatra ai laureati in medicina e chirurgia in possesso dell’abilitazione professionale di una specializzazione in campo odontoiatrico, nonché la modificazione dell’art. 4, secondo comma, della medesima legge, così eliminando la disposizione che consentiva, in via generale, l’iscrizione all’'albo degli odontoiatri dei medici abilitati all'esercizio professionale che fossero in possesso di un diploma di specializzazione in campo odontoiatrico.

La legge n. 14 del 2003, nell’adeguare la legge n. 409 del 1985 alla sentenza della Corte di Giustizia del 29 novembre 2001, ha, peraltro, disposto anche l’abrogazione dell'art. 5 della medesima legge n. 409, che consentiva ai laureati in medicina e chirurgia, abilitati all'esercizio professionale, che fossero in possesso di un diploma di specializzazione in campo odontoiatrico, di essere “iscritti all’Albo dei medici-chirurghi, con apposita annotazione, riguardante la specifica specializzazione, conservando il diritto all’esercizio della professione di odontoiatra”.

La norma di cui all’art. 5 della legge n. 409 del 1995 consentiva, ai soggetti in possesso del secondo sistema di formazione (laurea in medicina chirurgia più specializzazione in odontoiatria), di essere iscritti nell'albo professionale dei medici, con annotazione della specializzazione odontoiatrica, “conservando” il diritto all’esercizio della professione di odontoiatra: veniva così sostanzialmente autorizzato dalla legge l’esercizio di tale professione (oltre che a seguito della iscrizione nell’albo degli odontoiatri) anche in forza de1l’iscrizione - sia pure accompagnata dall’annotazione della specifica specializzazione – all’albo dei medici chirurghi.

L’abrogazione dell’art. 5 della legge n. 409 del 1985, operata con l’art.13 della legge n. 14 del 2003 appare, ad avviso della Sezione, sostanzialmente coerente con il contenuto della sentenza della Corte Europea di Giustizia del 29 novembre 200l e degli obblighi da essa derivanti: se, infatti, tale sentenza ha ritenuto che costituisca violazione degli obblighi comunitari la previsione, ai fini dell’esercizio della professione di odontoiatra, di un secondo canale di formazione (in aggiunta a quello specifico in odontoiatria), consistente in una formazione di base da medico completata da una specializzazione in odontoiatria, appariva del tutto ragionevole prevedere l’abrogazione di tutte le normative nazionali che recano la possibilità dell’accesso alla professione di odontoiatra o del relativo esercizio, per i soggetti in possesso di tale formazione, sia che ciò avvenisse consentendo a questi ultimi l’iscrizione all’albo degli odontoiatri (come si verificava con l’art. 4, comma secondo, della legge n. 409), sia che, invece, tale esito fosse reso possibile collegando tale esercizio professionale all’iscrizione - sia pure con annotazione della specializzazione - al diverso albo professionale dei medici chirurghi.

Deve, infine, essere ricordato che, nel sistema della legge 409 del 1985, la facoltà di iscriversi all'albo degli odontoiatri è riconosciuta anche “ai soggetti indicati nell'art. 20”. L'art. 20 della legge n. 409 del 1985 è stato modificato con l’art. 4 del d.lgs. 8 luglio 2003, n. 277, con il quale sono state recepite nell’ordinamento italiano le modifiche introdotte dell’art. 19 della direttiva n. 78/686 del 25 luglio 1978 con la direttiva n. 2001/l9/CE del 14 maggio 2001. L’art. 19 della direttiva n. 78/686 del 25 luglio 1978 contiene l’esplicita indicazione di alcune delle deroghe espressamente autorizzate al principio stabilito dall’art. 1, n. l, della direttiva n. 78/687, alla stregua del quale, per poter esercitare la sua attività avvalendosi dei titoli di cui all’art. l, n. l della direttiva 78/686, il dentista deve possedere uno dei diplomi, certificati o altri titoli di cui all'art. 3 di tale ultima direttiva (le deroghe sono previste all’art. l, n. 4 della direttiva 78/687 ed agli artt. l, 7, 19, 19 bis e 19 ter della direttiva n. 78/686: si vedano in proposito, Corte di Giustizia, sentenza l giugno 1995, causa C/40/93; ord. 17 ottobre 2003, Causa C-35/02).

L’ introduzione di un secondo paragrafo all’art. 19 della direttiva 78/686/CEE, concernente le disposizioni transitorie relative alla situazione particolare dell’Italia, ha consentito di recuperare e prendere in considerazione, ai fini dell’esercizio della professione odontoiatrica, attraverso la modificazione delle fonti comunitarie, la situazione di quei medici che avessero iniziato la propria formazione universitaria dopo la data del 28 gennaio 1980, negli anni accademici dal 1980-1981 al 1984-1985, situazione che era stata oggetto di un apposito intervenuto normativo posto in essere con la legge 31 ottobre 1988, n. 471, poi abrogata a seguito della sentenza della Corte Europea di Giustizia dal 10 giugno 1995 (causa C40/93) e sostituita con la nuova disciplina contenuta nell’art. l del d.lgs. 1obre 1998, n. 386.

La modificazione dell’art. 19 della direttiva n. 78/686 CEE, operata sensi sopra esposti, ha sostanzialmente fornito un fondamento comunitario alla disciplina introdotta dall’art. l del d.lgs. n. 386 del 1998, riconducendo la medesima alle deroghe espressamente autorizzate per l’Italia; coerentemente, l’art. 4 del d.lgs. n. 277 del 2003 ha modificato l’art. 20 della legge n. 409 del 1985, riguardante la disciplina transitoria derogatoria ai fini dell’iscrizione all'albo degli odontoiatri dei soggetti in possesso di una formazione caratterizzata dalla laurea in medicina e da una specializzazione odontoiatrica.

3. Alla stregua della superiore esposizione, risulta pertanto evidente che, nel vigente sistema della legge n. 409 del 1985, quale risulta dopo le modifiche introdotte con la legge n.. 14 del 2003 e con il d.lgs. n. 277 del 2003:

- la professione di odontoiatra può essere esercitata soltanto attraverso l’iscrizione all’albo degli odontoiatri e non, come avveniva per il passato, anche con l’iscrizione all’albo dei medici chirurghi, sia pure accompagnata dall’annotazione della specifica specializzazione odontoiatrica. E’ stata, infatti, abrogata la disposizione di legge (art. 5, legge n. 409 del 1985) che, consentiva che gli iscritti all’albo dei medici, con l’apposita annotazione, conservassero il diritto di esercitare la professione di odontoiatra.

- Viene, peraltro, prevista la possibilità, in via transitoria, di molti soggetti con una formazione medica e con una specializzazione di tipo odontoiatrico di ottenere, in via transitoria, l’iscrizione all’albo degli odontoiatri. Ad una disciplina che consentiva l’esercizio della professione di odontoiatra anche attraverso l’iscrizione (con annotazione della specializzazione) nell’albo dei medici chirurghi se ne sostituisce un’altra che, pur prevedendo ai fini dell’esercizio professionale soltanto l’iscrizione all’albo degli odontoiatri, amplia in modo significativo (anche se in via transitoria) la possibilità per i soggetti in possesso di formazione medica e di una specializzazione di tipo odontoiatrico (e delle altre condizioni appositamente indicate dalle norme comunitarie e dalle leggi di recepimento) di conseguire l’iscrizione nell’albo degli odontoiatri. Viene, in tal modo, tutelato e garantito - conformemente alla disciplina comunitaria - il diritto di tali soggetti, in possesso di una formazione medica, iniziata prima di una certa data, e di una specializzazione di tipo odontoiatrico, di esercitare la professione odontoiatrica: diritto, questo, che non è assicurato soltanto con la possibilità dell’iscrizione “con annotazione” nell’albo dei medici chirurghi, ma anche con l’iscrizione nell'albo professionale degli odontoiatri. La situazione soggettiva vantata dai soggetti sopra ricordati, alla stregua della specifica disciplina comunitaria contenuta nell’art. 19 della direttiva n, 78/686 CEE, riguarda, infatti, l’esercizio della professione di odontoiatra, e non l’esercizio della professione di odontoiatra attraverso l’iscrizione (con annotazione) nell’albo dei medici chirurghi,

- Nel sistema introdotto, dopo le richiamate modifiche legislative, con la legge n, 409 del 1985, i soggetti di cui all'art. 20 della legge, abilitati ad iscriversi all’albo professionale degli odontoiatri ai fini dell’esercizio dell’attività di dentista, mantengono, in deroga al divieto di doppia iscrizione in più albi professionali, previsto dall'art. 4, terzo comma, della legge, il diritto all’iscrizione nell’albo dei medici chirurghi. Ciò, da una parte evidenzia che i soggetti di cui all’art. 20, se intendono esercitare l’attività di odontoiatri e conservare lo status di medici, devono essere iscritti ai due albi professionali, come consentito dall’art. 20 della legge; dall’altra, rende palese che non è più possibile l’esercizio dell’attjvità professionale di odontoiatra con l’iscrizione all’albo dei medici chirurghi

- Gli esiti sopra esposti appaiono, infine, confermati dall’assenza, nell’art. 13 della legge n. 14 del 2003, di una norma transitoria volta a consentire ai soggetti che fossero già iscritti, con annotazione della specializzazione, nell’albo dei medici, l’esercizio della professione di odontoiatra, pur dopo l’abrogazione dell’art. 5 della legge n. 409 del 1985. Giova, in proposito ricordare che tale disposizione di legge non disciplinava soltanto l’istituto della “annotazione” della specializzazione nell’albo dei medici, ma assicurava, per i soggetti beneficiari, la conservazione del diritto ad esercitare, con l’iscrizione nell’albo dei medici, la professione odontoiatrica. L’abrogazione della norma ha comportato il venir meno dell’ “annotazione” la specializzazione nell’albo dei medici e del diritto ad esercitare, con l’iscrizione in quest’ultimo, la professione odontoiatrica.

4. Nel quadro sopra delineato possono, così, essere esaminati gli specifici quesiti prospettati dall’Amministrazione riferente.

Le osservazioni in precedlenza esposte evidenziano, peraltro, come al primo di essi debba darsi risposta positiva, sicché deve ritenersi che le modifiche operate con la legge n. 13 del 2003 e con il d.lgs. n, 277 del 2003 alla legge n. 409 del 1985 rendano obbligatoria, per l’esercizio della relativa professione, l’iscrizione all’albo degli odontoiatri, ed abbiano fatto meno la possibilità di esercitare tale professione con l’iscrizione (sia pure con l’annotazione della specializzazione) all’albo dei medici chirurghi.

Non sembrano, d’altra parte, idonee a fondare un diverso avviso le osservazioni in proposito formulate da alcuni ordini professionali e sostanzialmente incentrate sull’irretroattività della abrogazione dell’istituto dell’annotazione, previsto dall’art. 5 della legge n. 409 del 1985, operata dall’art. 13 della legge n. 13 del 2003. Tale abrogazione, in particolare, non avendo effetto per il passato, circoscriverebbe nel tempo l’applicabilità delle norme abrogate, ma non toglierebbe efficacia alle stesse per quanto riguarda i rapporti già definiti. I sanitari già iscritti, con annotazione della specialità, nell’albo dei medici chirurghi, conserverebbero pertanto il diritto di mantenere l’annotazione conseguita ai sensi dell’abrogato art. 5 della legge n. 409 del 1985 e di continuare ad esercitare, in virtù di essa e dell’iscrizione all'albo dei medici, l’attività professionale di odontoiatra.

La Sezione osserva, in contrario, che dall’abrogazione dell’art. 5, della legge n. 409 del 1985, disposta dall’art. 13 della legge n. 14 del 2003, discende non l’inefficacia delle annotazioni delle specializzazioni in precedenza effettuate presso l’albo dei medici, nel vigore del predetto art. 5 (e sotto questo profilo, la norma non ha, ovviamente, efficacia retroattiva), ma l’impossibilità di continuare ad esercitare, dopo l’entrata in vigore della predetta legge n. 14 del 2003, la professione di odontoiatra, sulla base della sola iscrizione all’albo dei medici chirurghi con l’annotazione della specializzazione. A tale esito occorre, infatti, pervenire alla luce dei principi generali che regolano la successione degli atti normativi e l’efficacia nel tempo dei medesimi.

Va, in proposito, ricordato che la questione concernente l’efficacia, nel tempo, delle disposizioni legislative e regolamentari è regolata dal principio di irretroattività delle leggi, e, più in generale, degli atti normativi. Da tale principio - che enuncia una regola non inderogabile relativa all’applicazione degli atti normativi - deriva che la disciplina di ciascun tatto e di ogni stato di fatto va cercata nella normativa del tempo in cui esso si verifIca (c.d. principio del tempus regit factum).

Mentre quindi un fatto - e cioè un accadimento - è esposto soltanto alle nonne in vigore al tempo del suo venire in essere, uno stato di fatto, e cioè una situazione che si protrae nel tempo (come, ad esempio, quella del professionista che esercita una determinata attività professionale) è esposta a tutte le successive discipline giuridiche entrate in vigore nel corso della sua esistenza. I principi sopra ricordati, riguardati con riferimento ai singoli fatti ed alle situazioni destinate a durare nel tempo, trovano anche applicazione con riferimento all’attività amministrativa ed ai relativi procedimento.

In forza del principio tempus regit factum il procedimento amministrativo - od una sua compiuta fase - è regolato dalle disposizioni in vigore al tempo nel quale i relativi atti sono stati perfezionati. In particolare, dall’applicazione del principio discende che gli atti ed i provvedimenti costitutivi del procedimento legale o della singola sua fase devono essere posti in essere secondo la normativa vigente alla data nella quale il procedimento o la singola fase di esso si sono conclusi (Cons. Stato Sez. VI, 7 aprile 1981,n. 139).

E’ stato, in particolare, affermato che, nel caso in cui, per effetto dell’emanazione di nuove disposizioni organizzatorie, mutino i parametri di riferimento che regolano l’azione amministrativa, non vi è dubbio che l’immediata applicabilità di tali disposizioni fa sì che gli atti per i quali non si è ancora concluso il relativo procedimento debbano essere conformati alle diverse e sopravvenute valutazioni dell’'interesse pubblico (Cons. Stato, Sez. VI, 9 maggio 1983, n. 341). A ciascun atto del procedimento, infatti, salvo che non sussistano disposizioni specifiche che prevedano un diverso trattamento, si applica la normativa vigente al momento in cui l’atto è adottato (Cons. Stato, Sez. IV, 1 aprile 1988, n. 330; Sez. V, 27 dicembre 1998, n. 868). Tali principi sono stati, peraltro, già espressamente ribaditi dalla Sezione, a proposito di una diversa fattispecie, con la consultazione n. 129 del 27 ottobre 1999.

Dall’applicazione dei principi sopra ricordati alla fattispecie in esame discende, pertanto, che fino alla data di entrata in vigore della legge n. 14 del 2003), di abrogazione dell’art. 5 della legge n. 409 del 1985, è possibile esercitare la professione di odontoiatra a seguito dell’iscrizione nell’albo professionale dei medici chirurghi, con annotazione della specializzazione e producono effetti i procedimenti, promossi dagli interessati e conclusisi con l’iscrizione in tale albo con la predetta annotazione. Dalla data di abrogazione dell’ art. 5 della legge n. 409 del 1985 entra, invece, in vigore il nuovo regime giuridico, che non prevede più - e quindi esclude - la possibilità dell’esercizio della professione di odontoiatra con l’iscrizione nell’albo dei medici e con l’annotazione della specializzazione: gli eventuali procedimenti amministrativi ancora in corso, volti ad ottenere l’iscrizione nell’albo professionale dei medici con l’annotazione della specializzazione, ai fini dell’ esercizio della professione di odontoiatra, non possono essere portati a compimento dovendosi applicare la disciplina giuridica vigente al momento della conclusione del procedimento amministrativo, e non sussistendo più a tale data, la norma che abilita all’esercizio della professione di odontoiatra con l’iscrizione nell’albo dei medici; i procedimenti amministrativi già conclusisi con l’iscrizione e l’annotazione della specializzazione, salvo quando si dirà subito dopo, cessano di produrre effetti, essendo venuta meno la norma primaria che tali effetti riconnetteva all’iscrizione nell’albo professionale dei medici con la sopra richiamata annotazione.

Deve, peraltro, essere ricordato che la legge n. 409 del 1985 ha previsto la già ricordata possibilità, per soggetti in possesso di una formazione medica e di una specializzazione odontoiatrica, di conseguire l’iscrizione nell’albo degli odontoiatri mantenendo l’iscrizione nell’albo dei medici, e che l’ambito soggettivo delle categorie annesse a fruire di tale possibilità è stato ampliato con la modifica del medesimo art. 20, posta in essere con il d.lgs. n. 277 del 2003. Nel sistema della legge n. 409 del 1995, quale risulta dalle modifiche introdotte con la legge n. 14 del 2003 e con il d.lgs. n. 277 del 2003, può pertanto ritenersi che alla abrogazione dell’ art. 5 (e della possibilità di esercitare la professione di odontoiatra con l’iscrizione nell’albo dei medici) si accompagni la possibilità, per i medici interessati, in possesso dei requisiti previsti, di ottenere l’iscrizione nell’ albo professionale degli odontoiatri; sembra pertanto ragionevole e coerente con tale sistema ritenere che i laureati in medicina e chirurgia, già iscritti nell’albo dei medici con annotazione, ai sensi dell’art. 5 della legge 11. 409 del 1995, possano continuare ad esercitare la professione di odontoiatra nel periodo di tempo strettamente necessario a conseguire l’iscrizione nell’albo professionale degli odontoiatri. Se, infatti, lo scopo della disciplina contenuta nella predetta legge n. 409, dopo le modifiche operate con la legge n. 14 del 2003 e con il d.lgs. n. 277 del 2003, è quello di adeguare la normativa nazionale agli obblighi nascenti dalla disciplina europea, eliminando il secondo canale di formazione per i dentisti e di riunificare, di conseguenza, nell’unico albo degli odontoiatri tutti coloro che esercitano la relativa professione, appare coerente ritenere che la relativa operazione debba essere realizzata senza soluzioni di continuità dell’esercizio professionale da parte degli interessati, in modo da assicurare il diritto dei medesimi all’esercizio, in ogni fase del procedimento, della professione odontoiatrica.

Si osserva, altresì, che le indicazioni che precedono suppongono che i soggetti iscritti all’albo dei medici chirurghi, con annotazione della specializzazione in campo odontoiatrico, che svolgono l’attività professionale di odontoiatra, siano in condizione di esercitare la facoltà di cui all’art. 20 della legge n. 409 del 1985, e siano di conseguenza in possesso dei requisiti all’uopo previsti.

Per i soggetti, iscritti all’albo dei medici con annotazione della specializzazione, che eventualmente non fossero in possesso dei requisiti richiesti dall’art. 20 (soggetti che sembrerebbero esistere, alla stregua della nota n. 03/DIRP /IV /4.1/6960 del 26 agosto 2003 del Ministero della Salute) occorrerà approntare, eventualmente previa consultazione della Commissione Europea, le relative soluzioni, anche normative, non apparendo ragionevole che l’unificazione in un unico ruolo professionale dei soggetti esercenti la professione di odontoiatra avvenga senza consentire l’accesso a tale ruolo di tutti coloro che (anche in virtù dell’iscrizione con annotazione all’albo dei medici) tale professione esercitavano.

5. Le osservazioni sopra esposte soddisfano anche il quesito sub C) - Da esse deriva, infatti, che dopo l’abrogazione dell’art.5 della legge n. 409 del 1985 i laureati in medicina e chirurgia in possesso del diploma di specializzazione in campo odontoiatrico nell’albo dei medici con annotazione ai sensi dell’ art. 4, non possono, in linea di principio continuare ad esercitare la professione senza essere iscritti anche nell’albo degli odontoiatri. Si deve tuttavia ritenere che gli stessi, per le ragioni precedentemente esposte, possano continuare ad esercitare la, professione per il tempo strettamente necessario per conseguire l’iscrizione nell’albo degli odontoiatri.

6. Quanto infine al quesito sub B), la Sezione osserva che, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 409 del 1985 “le attività inerenti alla diagnosi ed alla terapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti, nonché alla prescrizione ed alla riabilitazione odontoiatriche”, costituiscono oggetto della professione di odontoiatra. Tali attività, in linea di stretta conseguenzialità, nel sistema della legge n. 409 del 1985 possono essere svolte soltanto da soggetti iscritti nell’albo degli odontoiatri.

Non sembra, peraltro, pertinente il richiamo in proposito operato dall’Amministrazione all’art. 19 della direttiva n. 78/686/CEE, dal momento che tali disposizioni riguardano il riconoscimento del diritto, per le categorie di soggetti ivi contemplate, di svolgere l’attività di dentista, ma non si occupano del diverso problema, di competenza degli ordinamenti nazionali, relativo dell’identificazione dell’albo professionale al quale, a tal fine, occorre essere iscritti.

P.Q.M.

Nelle suesposte considerazioni è il parere del Consiglio di Stato.

 

Per estratto dal verbale

Il Segretario della Sezione (f.to: Licia Garasucci)

 

Visto

Il Presidente della Sezione ( f.to: Giovanni Ruoppolo)